lunedì 3 maggio 2010

La Natura non ci ha dimenticati...


(Incontro con la Dott.ssa Maddalena Dufrusine, Psicologa)
Ci sorridiamo al primo sguardo, Maddalena e io. Una psicologa, lei, e una sociologa, io. Che nell’immaginario collettivo è un po’ come dire cane e gatto. “Dici che ce la possiamo fare?” le chiedo scherzando.

Io sono una sociologa. Ma credo nella forza della testimonianza. Credo nel singolo. La quantofrenia, se non parte dall’esperienza, mi spaventa. Ogni costruzione quantitativa che non si basi sulla faticosa ma necessaria ricerca qualitativa è monca, traballa.
La incontro a Collemaggio, nel container del Centro di Salute Mentale. Il feeling è immediato, nessuna tensione, nessuna rigidità. Le chiedo come sta lei, le chiedo, in realtà, com’è che stiamo tutti noi?
Abbiamo subito tutti un grande trauma, in quella notte spaventosa. E tutti abbiamo perso qualcosa. Non solo chi ha perso la vita. Non solo chi ha perso i propri cari, gli amici…Ognuno di noi ha perso se stesso. Il sistema dei valori si è come sgretolato, questa è la sensazione che proviamo…ed è così forte da sembrare reale. Non è più valido nulla. O almeno così sembra. Siamo disorientati. Abbiamo ferite. Le crepe che vediamo nelle nostre case, la nostra città….quelle crepe le abbiamo anche dentro di noi. La prima cosa che abbiamo fatto non appena abbiamo potuto, se le nostre case non erano crollate…abbiamo cercato di tamponarle, no? Ecco…questo va fatto anche con noi stessi. Creare un sostegno ad una struttura provata. Ma le case non le abbiamo salvate da soli, abbiamo lavorato in squadra. Ecco. Questo nostro è un dolore intimo e corale insieme. Ognuno deve trovare la forza di andarsi a cercare, di ritrovarsi e raccogliersi tra le proprie macerie. Ma ognuno deve anche trovare la forza e il coraggio di rispecchiarsi nel dolore degli altri, che è diverso dal nostro ma anche uguale. Le certezze si sono spezzate, come le catene che tenevano uniti i nostri palazzi, le nostre case. Tutti, chi più e chi meno, stiamo reagendo mettendo in atto un processo di contenimento dell’angoscia e del dolore. Ma non è questa la strada giusta. Il trauma va elaborato. Va raccontato. Il dolore va condiviso. E tutto questo passa attraverso uno strumento magico. Questo strumento è la parola, dare parola al dolore condiviso”.
I pensieri. Le fantasie. I sogni. La nostra storia.
Quella realmente vissuta, e spesso dimenticata, rimossa.
Quella immaginata, talvolta più viva e reale dell’altra.
Siamo fatti di tutto questo. E tutto questo va raccontato. Va tirato fuori.
Ogni travaglio dimentica se stesso e il suo dolore se sfoga in un parto.
Il travaglio “tira fuori”. Libera un corpo dando vita ad un altro corpo, nuovo.
L’arte della maieutica. L’arte della levatrice.
Le storie comuni, raccontate, ascoltate, possono costruire reti.
Reti da mettere a sostegno della nostra psiche devastata.
“Credo molto nel concetto di autoguarigione”, riprende a parlare Maddalena.“ Non siamo degli zombie.Non siamo morti. Non siamo altrove. Se restiamo in silenzio, se non esprimiamo…è un po’ come deporre le armi, soccombere, e questo non bisogna farlo mai! Mai soccombere!Altrimenti la profezia si autodetermina, ma la colpa è la nostra e non di un Fato avverso! Andiamo aiutati, certo. E le Istituzioni in questo hanno di sicuro un ruolo fondamentale. Ma noi non dobbiamo essere passivi. Noi dobbiamo agire. Progettare. Perché è della nostra città, è della nostra vita che stiamo parlando. Della nostra cultura, e la nostra non è una cultura asettica, noi siamo aquilani! L’Aquila la vogliamo nostra. E’ da noi che deve nascere. Dobbiamo essere consci del fatto che siamo soggetti attivi della nostra storia e del nostro futuro. E non dobbiamo dimenticare che il nostro passato non lo abbiamo perso. La nostra storia dobbiamo elaborarla. Elaborandola recuperiamo noi stessi. I nostri ricordi. La vita prima del 6 aprile. Attivi. Questo è fondamentale. Essere attivi. E non eclissarsi. Sentirsi parte di un progetto di ricostruzione, di un gruppo, condividere intenti. Il primo atto di coraggio è raccogliere se stessi.Non dimenticarsi. E’ l’emozione della vita. Prendersi tra le braccia. Stringersi. Ritrovarsi. La natura lo sta facendo. Ci ha tradito!, abbiamo pensato. Ci ha ucciso! Non è così. C’è il profumo della primavera che torna. C’è il tiglio. La gardenia. Il gelsomino. Respiriamo…siamo vivi. Non dimentichiamoci. Ci siamo”.
Tiziana Pasetti
Tratto da Gli Speciali de Il Capoluogo, maggio 2011