venerdì 31 agosto 2012

Gloria! Martini è nato!



Si è spento il cardinale Martini.
Enrico Letta, si legge su repubblica.it, esprime dolore e cordoglio. E' solo uno dei tanti, ovviamente.
Siamo tutti pazzi.
Quell'uomo, mi riferisco al cardinale, aspettava questo momento da una vita.
Può anche dirti, il tuo amore, vivi e diffondi la mia parola.
Ma se ami è con quella persona che vuoi stare.
La fede vera è un dono per pochi. Chi non ce l'ha, praticamente tutti, ecco cosa combina.
Piange in un momento di gioia assoluta.

Quindi.
Io direi.
Facciamo festa.

_________

Insiste sul mondo un tempo fatto di piogge e uragani.

Vorrei vedere ;-).

(Ehi, lassù???? Perdonatemi la battutaccia, ok?)




La crisi è la più grande benedizione

Latina - Mai naufraghi - Foto: Tiziana Pasetti

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.
E’ nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ’superato’.

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza.
L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c’è merito.
E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.
Invece, lavoriamo duro.
Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.

Albert Einstein


giovedì 24 maggio 2012

Il senso di ogni cosa




Quanto più calmi, pazienti e aperti noi siamo nella tristezza,
tanto più profondo e infallibile entra in noi il nuovo,
tanto meglio noi ce lo conquistiamo,
tanto più sarà nostro destino.
...
Noi siamo soli.

Ci si può ingannare su questo
e fare come se non fosse così. E' tutto.

Ma quanto è meglio comprendere
che noi lo siamo, soli,
e muovere di lì.
Allora accadrà che saremo presi dalle vertigini.

Non dovete sgomentarvi se una tristezza si leva davanti a voi,
grande come ancora non ne avete viste,
se un'inquietudine,
come luce e ombra di nuvole,
scorre sulle vostre mani e su quanto voi fate.

Dovete pensare che qualcosa
accade in voi,
che la vita non vi ha dimenticato,
che vi tiene nella sua mano;
non vi lascerà cadere.

Rainer Maria Rilke, agosto 1904. Lettere a un giovane poeta

mercoledì 11 aprile 2012

Incontriamoci all'alba, Mr Gwyn...

Ognuno ha le proprie. Manie. Compulsioni. Fissazioni.
Quasi sempre non è amore, quello che ci lega all'oggetto della nostra bramosia. E' qualcosa di inconcepibile e non spiegabile.
Alessandro Baricco è una delle mie.
E' un mestierante dell'arte della scrittura come pochi altri. Un furbo artefice del nulla. Un affabulatore musicalissimo. Non penetra senso nella sua architettura ingegneristica degli spazi ma segna attimi di sublime perfezione semiotica.

Della trama di Mr Gwyn (scrittore e copista) possiamo tranquillamente fare a meno. Non serve a nulla, come sempre in Baricco. E' funzionale ad altro. E' dimenticabile. Però come fiori e pensieri volano queste righe...

"...situazione nota a molti umani, ma non per questo meno dolorosa: ciò che, solo, li fa sentire vivi, è qualcosa che però, lentamente, è destinato ad ammazzarli."

"In amore mentiamo tutti".

"Morire è solo un modo particolarmente esatto di invecchiare".

"...scivolare in un isolamento che altri avrebbero interpretato come un declino, ma che lui tendeva a vivere come un sollievo".

"...era finalmente sola, in un modo perfetto, come soli non si è mai - o di rado (...) in qualche abbraccio d'amore".

"...si ricordò di come qualsiasi incantesimo sia fragile oltre ogni dire, e velocissima la vita nel suo rapinare".

"...la condanna di quelli, molti, che non sono capaci di toccare senza far male".

"Di cosa siamo capaci (...). Crescere, amare, fare figli,invecchiare; e tutto questo mentre anche siamo altrove, nel tempo lungo di una risposta non arrivata, o di un gesto non finito. Quanti sentieri, e a che passo differente li risaliamo, in quello che sembra un unico viaggio".

La scrittura è un gioco di prestigio, tra le mani di Alessandro Baricco, romanziere che di tale eresia riesce a convincere tutti :-).

Mr Gwyn, dicevamo. Scrittore e copista. Ritrattista. Akash Narayan. Tre volte all'aba, la sua unica opera.

"...gran parte della gente sogna di ricominciare da capo (...). In realtà quasi nessuno, poi, ricomincia da capo davvero, ma non si ha idea di quanto tempo la gente passi a fantasticare di farlo, e spesso proprio mentre è nel bel mezzo dei suoi guai, e della vita che vorrebbe lasciare. (...) Ho capito che non si cambia veramente mai, non c'è modo di cambiare, come si è da piccoli si è tutta la vita, non è per cambiare che si ricomincia da capo. (...) E' la solita storia, è l'uomo della mia vita e io sono la donna della sua vita,tutto lì, solo che non siamo mai riusciti a vivere insieme (...). Non è neanche detto che se ami davvero qualcuno, ma tanto, la cosa migliore che puoi farci insieme sia vivere."

"...la misteriosa permanenza dell'amore, nella corrente mai ferma della vita".

giovedì 5 aprile 2012

L’Aquila e Maurizio Maggiani. Un destino da costruire con le mani (Intervista video)



L'Aquila, 4 apr 2012 - A tre anni dal sisma che il 6 aprile 2009 ha colpito il capoluogo abruzzese tornano ad accendersi i riflettori sull’Aquila. Trasmissioni televisive, articoli e reportage su tutti i giornali, cartacei e on line. Le immagini e le testimonianze sono infinite, come le storie di chi quella notte c’era o di chi con quelle storie si è incontrato o scontrato, più o meno per caso.
Si può ricordare e rendere omaggio alla memoria in tanti modi. 
Tra le tante persone che in questi mesi hanno visitato questo luogo sospeso, lo scrittore Maurizio Maggiani
Forse dalle sue parole è possibile trarre una qualche consolazione, una qualche speranza. 

«Cosa vuol dire sperare?»
«Sperare vuol dire costruire. Io sono un uomo  speranzoso perché sono stato educato ad esserlo. Sono partito molto in basso, in graduatoria. Però lì in fondo non c’è mai stata l’impressione della miseria, della povertà dello spirito, delle proprie capacità o del proprio destino. Siamo anarchici, la mia terra lo è geneticamente, quindi ci crediamo poco che esista un solo destino; crediamo che ce ne siano almeno due, quello che ci viene  imposto e quello che per cui dobbiamo lottare.
Sono sempre stato educato da uomini e da donne, soprattutto da donne perché sono le più vicine alla vita di un ragazzo, sono stato educato a costruire con le mani il destino; e quando FAI la tua vita, allora non puoi che essere speranzoso, perché altrimenti sei un cretino, uno sconfitto, uno che non può che soccombere. Non sono mai stato, nella mia vita, indotto a pensare alla sconfitta, che è una tragedia dalla quale non hai più possibilità di emanciparti.
Di sconfitte ne abbiamo avute tante, ma siamo ancora qui, vivi, e siccome siamo vivi tutto quello che abbiamo da fare è costruire il destino. Questa è la speranza»

«La speranza è singola o si realizza nella collettività?»
«C’è una cosa che dicono tutti: che si stava meglio nelle tende che nelle case provvisorie. Io non credo che nelle tende si stia tanto bene, ma lì accadeva qualcosa che nelle case provvisorie non succede. Nelle tende hai per forza di cose un contatto continuo con gli altri e questo contatto continuo dà origine ad un continuo colloquio, un continuo parlare ed è questa disponibilità continua a parlare che manca oggi nelle case provvisorie.
Dormire, mangiare, bere, fare l’amore, parlare…queste sono condizioni irrinunciabili. Come costruisci il grande universo dell’amore, del cibo, il grande racconto del sonno, così costruisci il grande racconto del parlare, costruisci questa incredibile architettura dove dentro ci sei tu che hai bisogno di dar voce alla tua vita; e la tua vita è il farsi continuo di tutto quello che è venuto prima di te e che è venuto per farti, per abitarti, per fare di te quello che tu ora sei. Quindi tu sei non solo te stesso ma sei anche la memoria di tutto quello che ti ha generato».
«Nei tuoi libri ci sono stratificazioni di epoche, ci sono immagini, quadri. C’è l’amore. Tu dici che l’Appennino è una via, è una casa. L’Appennino è anche, però, una cicatrice, una ferita. Lo è anche l’amore?»
«Se l’amore non fosse una ferita sarebbe una tragedia perché ristagnerebbe e quindi marcirebbe. L’amore è quella vena di sangue che non deve fermarsi mai, deve sempre gocciare…goccia di sangue, goccia d’amore. E’ una ferita aperta. E’ il nostro dolore, la nostra fortuna. E’ il nostro sangue che se ne va per l’universo. Se smettesse di scorrere diventerebbe pus».
«Allora l’Appennino è ferita e amore insieme?»
«Sì…è la nostra amorevole casa».

mercoledì 14 marzo 2012

Tragedia nel Vallese e pancioni

Dopo la tragedia delle 28 vittime nel canton Vallese su fb imperversa la rincorsa alle frasi ad effetto e alle processioni con immagini di ceri etc etc. 
Mi colpisce
quanto segue:
una persona scrive "una carezza alle vittime, angeli etc etc". Ok. Una carezza. Può starci.
Una sua conoscente risponde: "Ciao bella come va il pancione?"
Adesso. E ditemi pure che sono cinica NON ME NE FREGA UN C****.
Se tu stai parlando con una persona face to face e questa ti dice "sai, sono morte dieci persone in un brutto incidente blablabla"
tu
gli rispondi, per caso
"aho, bella, 'mmazza che panza, quanno sgravi?"



Questo solo per dire
che facebook è un luogo dove avvengono cose davvero strane. Insensate. Sciatte. Superficiali. Offensive.

Io non mi limiterei alla foto o al nome di una persona. Prima leggerei. Valuterei, prima di dar fiato alle trombe. 
Questo, però, lo farei anche nella realtà ormai virtuale che sarebbe quella esperienziale ;-).

Detto questo,
alle vittime
alle famiglie

il mio silenzio.

martedì 13 marzo 2012

Francesco Guccini e il tempo infinito delle estati lontane



E' arrivato con il suo maglione sformato su un paio di jeans*
a Libri come
a Roma
Francesco Guccini. Sabato sera. Auditorium. Sala Sinopoli esaurita. Tifo da stadio.
E' arrivato
con infinite storie
- passate e perdute o forse chissà -
da ricordare.

Dizionario delle cose perdute (Mondadori, Libellule) è un "diario" di ricordi raccontati con ironia e delicatezza dall'immenso artigiano (così si è definito) di Pavana. Il caffè d'orzo quando non era di moda anzi. Le foto in posa, un evento, una lunga attesa. I giochi per strada. E le lunghe estati calde. Quelle che arrivavano un giorno e terminavano dopo un'eternità.

Cosa è accaduto a quel succedaneo del caffè? Chi l'ha reso una star sui banconi dei bar di oggi? E chi ha ridotto la stagione delle nostre mitiche vacanze ad un soffio di un attimo?

Sul palco illuminato appena, Guccini giganteggia con tenerezza guardandosi indietro. C'è un tempo suo e nostro ad un passo dal mito, ormai.
Nessun rimpianto, però. Solo risate grasse, piene.
E tanta, tantissima allegria.
Quella di chi ha vissuto. E continua, senza dimenticare, a.

*Farewell

martedì 6 marzo 2012

Gettone d'amore



C'è stato un tempo
che iniziava
con i brividi di mattina
e i sudori a freddo.
Tutto il giorno ad aspettare
le otto di sera
quando
inventata una scusa qualunque
uscivi da casa.
Meta: la cabina telefonica della Sip.
In tasca una manciata di gettoni.
Valevano 200 lire l'uno.
Il giorno lo avevi passato
a studiare
a pensare: cosa gli dico? Come? Chi risponderà?
e a fare le prove, chiusa in bagno: allora, se mi risponde la madre dico così...se lui mi dice che io risponderò che...e se non c'è??? Se non è in casa???
Guance in fuoco già due ore prima.

E poi la fila fuori dalla cabina. 

E poi poche parole incasinate, emozionate, innamorate.


C'è stato un tempo fantastico. Delicatissimo.

mercoledì 29 febbraio 2012

Amori altamente pericolosi

Quando tutto è chiaro, inutile intervenire. Tacere è la mia nuova arte :-).
Tacere e ascoltare.
Mangiando Fonzies, un dogma incrollabile :-).



Pensiamo che l'amore sia infallibile, e dimentichiamo una cosa elementare per la sopravvivenza amorosa: non tutte le proposte affettive sono consigliabili per il nostro benessere.


Gli stili affettivi disfunzionali logorano l'altro e gli tolgono la sua energia vitale, lo annientano lentamente o lo confondono al punto da farlo sentire irrazionalmente colpevole o da indurlo a credere che soffrire per amore sia un fatto normale e generalizzato.


Otto gli stili affettivi considerati lesivi e pericolosi per il benessere emozionale delle persone:
- istrionico-teatrale (amore molesto)
- paranoico-ipervigile (amore diffidente)
- passivo-aggressivo (amore sovversivo)
- narcisistico-egocentrico (amore egoista)
- ossessivo-compulsivo (amore perfezionista)
- antisociale-rissoso (amore violento)
- schizoide-eremita (amore distaccato o indifferente)
- borderline-instabile (amore caotico)


Chi, all'interno di una coppia, è vittima di individui che presentino uno di questi tipi di personalità cerca a volte di smussare il problema ricorrendo alla tattica del "ma", una strategia compensatoria molto apprezzata da quella che potremmo chiamare cultura del matrimonio, che predica la sopportazione a ogni costo.


A volte è meglio deporre le armi e capire che certe battaglie non sono nostre, non ci appartengono o semplicemente non ci convengono.


Il problema, comunque, potrebbe essere in te e non nella persona che ami.
Tre, le domande da porsi: "Qual è il modo di amare del mio partner?", "Qual è il mio modo di amare?", "Fino a che punto possiamo stare insieme senza farci del male?".


Se vediamo le cose per come sono, senza deformazioni né speranze ingenue, saremo in grado di prendere decisioni corrette volte a migliorare la qualità della nostra vita, benché talora ciò possa ferirci o rendere più difficile il cammino successivo.


____________________________


Ok...ho finito i Fonzies...buonissimi...

certo, amo tacere, ormai

però

cazzo

io questi 8 stili affettivi patologici

li ho effettivamente riscontrati

TUTTI

dico tutti

IN MEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!


Che dite, è il caso di chiedere aiuto?
O aggredisco un altro pacchetto di golosissimi croccantini al formaggio non fritti?

martedì 14 febbraio 2012

Adesso basta parlare d'amore



Non  volevo leggerlo, questo libro. Antipatia a pelle :-).

Poi presa da un attacco di autolesionismo, una notte...

e come spesso capita

quando voglio farmi male

finisco per farmi bene.

Niente male, davvero. Era qualche anno che mi facevo un paio di domande...

la risposta?

Thomas - Louise - Romain?

In parte e no.

Yves - Anna - Stanislas?

Diciamo ma mutando i sessi e i ruoli.

I legami "indefettibili" di Anna. Il rimpianto che non vuole morire di Yves. Il baricentro struttural-funzionale di Stanislas.

"Yves ha pubblicato Continua quindici anni prima. La storia di un uomo ozioso che,  per curiosità, segue una donna per strada. (...) Passano le settimane. A poco a poco se ne innamora pazzamente. Decide di sedurla, è un uomo affascinante,intelligente, ci riesce, e quando la donna cede, s'innamora di lui, quando si separa dal marito, in modo irrimediabile, all'improvviso si spaventa, la pianta e sparisce". 


Kostas guarda Camille "vivere,(...) scopre quanto sia solo. E' della sua felicità che si innamora. Ma non la ama veramente. (...) Desiderare non vuol dire amare (...). Lui non calcola le conseguenze dei suoi atti sulla vita di quella donna, sui suoi figli. E' una cosa che non gli interessa, pensa da egoista. E' il ritratto di un farabutto. (...) Kostas avrebbe tutti i diritti se  fosse sicuro di quello che vuole veramente. Ma non lo è: dubita,ondeggia, e lo sa. (...) Camille ha dentro di sé una profonda malinconia, suo marito l'aiuta a sopportarla, con grande tenerezza. Quando compare Kostas, lei spera finalmente di vivere. Kostas la sente vulnerabile, intuisce di essere amato anche perché rappresenta l'imprevisto, l'avventura tanto attesa, ma lui utilizza quel sogno per attrarla a sé. (...) Le persone come Kostas non sono felici, non possono dare felicità a nessuno".


Poi, quando esci dal letto dell'amante di turno, torni a casa. Ad aspettarti ci sono i tuoi bambini. Non riescono a  dormire. Ci leggi un libro, mamma?
"Allora" legge Anna con voce dolce, "Alice arriva a un bivio e vede un Gatto appollaiato su un albero. 
Gli chiede subito: 
'Che strada devo prendere?'
'Dove vuoi andare?' ribatte il Gatto
'Non lo so' risponde Alice.
'Allora' dice il Gatto 'non è importante'.
(...)
Sì, pensa Anna, ha ragione il Gatto, quando non si sa dove si vuole andare, la strada non è importante.


Anna, l'uomo comune ;-). Stanislas, molte mogli.


Non avete capito nulla?

Lo so. Non mi sono spiegata io.


Leggete il libro. Oppure guardatevi intorno.

O appena indietro.

venerdì 10 febbraio 2012

L'Aquila - San Bernardino Valley

Tutti a dire: tragedia! Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno...ovunque cade la neve.

Cade il cielo, cadono pezzi di raggi di sole nati anni luce fa, cade un grande silenzio.

Tutti a dire: tragedia! Si fermano le arterie d'Italia, si fermano le città, si fermano le macchine, i treni e i tir.

Io mi sono fermata, per altri motivi, quasi tre anni fa. Ironia della sorte, è stato un grande movimento, a farmi fermare. Si sono fermate tutte le ore, tutti i giorni. Anni bucati, vuotati.

Poi è caduto il cielo. Fiocchi di neve. Tutti a gridare: tragedia!

Il cielo che è caduto mi ha ricoperta. Potevo soffocare, in effetti...

Sono tornata a respirare.

Sono salita, io
e sono discesa.
Se sali, raggiungi l'Assoluto. San  Bernardino.
Se scendi, ti regalo un orizzonte. E i tetti dell'Aquila.

E' caduto il cielo, grazie a Dio. E sono arrivate le carezze. Tutti a scivolarmi sopra, buste, slittini, sci. Sono tornate le risate, la felicità incontenibile, i nasi rossi, le guance mummificate dal gelo.

E' venuto giù il cielo

e io

di nuovo    - e che bello, l'avevo dimenticato, quasi, quanto è bello -

di nuovo, per un po'

sono viva.


(Copertina del tg di TvUno del 10 febbraio 2012. Testo, voce e produzione: Tiziana Pasetti)

lunedì 30 gennaio 2012

L'Aquila e Pluto...il cAnecittà



Ciao. Io mi chiamo, o meglio, la maggior parte della gente mi chiama, Pluto. Pluto ju cane.
Vivo all’Aquila. Sono nato e cresciuto qui.

Sono un cane “bastardo”, nel senso che non ho fissa dimora e nemmeno un padrone. Io mi sono sempre sentito un re, però. Per cuccia ho una reggia, la mia città. Per sudditi, tanti amici: tutti i suoi abitanti.
Non mi è mai mancato nulla. Cibo, carezze, chiacchiere… Quanti ne ho ascoltati, di sfoghi. Mi ricordo una volta, era inverno, eravamo solo io e un mio caro vecchio amico, scendevamo per Costa Masciarelli, lo accompagnavo a casa, come tutti i giorni. Mi ha invitato a entrare, quella sera. Lui si è seduto in poltrona, io mi sono steso davanti al camino, e per tutta la notte mi ha raccontato. Una vita intera. L’infanzia, il lavoro, la famiglia, l’amore. Poi ci siamo addormentati. Mi ha svegliato all’alba. Abbiamo fatto colazione in silenzio. Grande, il patto tra di noi. Indissolubile.

Oggi mi chiedo dove sia. Non l’ho più visto dopo quella notte pazza.

In tanti tornano a trovarmi. Mi scattano fotografie. Mi lanciano qualcosa da mangiare. Mi pubblicano su una cosa che chiamano facebook. Che tenerezza, mi fanno. Dicono “poverino”.  A me.  A Pluto Ju Cane. Poverino.  Ma jamo*!

Allora, chiariamoci. Ho scelto io di non andare via. Avrei potuto. La mia compagna di allora mi ha detto “Pluto, vieni via con me. A Tortoreto staremo bene, vedrai. C’è il mare…”.
Il mare?
“Bella”, le ho risposto guardandola negli occhi “io sono un cane di montagna. Io da qui non me ne vado. Questa è casa mia”.

Ogni tanto ci penso. Stavamo bene, insieme. Ma ci sono delle priorità, nella vita. Io non abbandono questa mia culla. Non abbandono quelli che tornano e si vede che si reggono appena, si vede. Un cane, queste cose, le capisce.

State tranquilli, io non me ne vado. 
Io non ho paura. 
L’amore non spaventa. Dà forza. 
Quando è vero, credetemi, dà forza.

venerdì 27 gennaio 2012

Bruno Schulz o dell’arte di volare senza ali



Crescere. Diventare adulti. Quando nasci, quando sei un bambino, ti dicono che è più o meno questo, quello che devi fare: crescere. Cosa voglia dire, poi, questo “crescere”, non te lo sa spiegare praticamente nessuno.

Anni fa su questo pianeta chiamato Terra è passato, tra i tanti, un uomo che disse una cosa interessante. Disse qualcosa come: "Maturare verso l'infanzia. Questa soltanto sarebbe l'autentica maturità".

Il “passante”, polacco, si chiamava Bruno Schulz. Scrittore. Giornalista. Professore. Disegnatore. Bambino, soprattutto. Bambino per sempre, anche da grande. Anche nel mistero della sua morte. Anche oggi, grazie al libro che Nadia Terranova gli ha voluto dedicare. “Bruno”, edito da Orecchio Acerbo, la scrittrice siciliana è venuto a presentarlo all’Aquila in occasione della settimana della Memoria. L’ha fortemente voluta l’associazione L’Aquila Fenice, costola di Minimondi Parma.

“Bruno” è venuto a raccontare ai tanti bambini presenti alla Casa del Teatro la magia delle cose. Grazie alle illustrazioni magnifiche di Ofra Amit e alle parole dirette di Nadia, l’autore de “Le botteghe color cannella”  (Einaudi) si è seduto tra i piccoli lettori e dalla sua grande testa, da quel difetto di nascita che tanto, in un primo momento, lo aveva limitato, ha cominciato a tirar  fuori tesori.

Lo vedete quel ragno? E quel vigile che vola? E quel rapace gigante? Bambini! Lo vedete! No, fermi! Non abbiate paura! E’ Jakob, è mio padre! Ahahahhahahahh!!! Lui è così…è…magico!

Diventare ogni volta un po’ meno se stesso”, questo faceva il papà di Bruno, mischiandosi e impastandosi con il mondo. Diventare ogni volta un po’ meno se stessi per diventare tanto di più, per superare i limiti fisici e, soprattutto, quelli mentali. Immedesimarsi negli altri e in altro, senza mai abbandonarsi definitivamente, tornando sempre.

Bruno Schulz ha lasciato un’opera mondo. Chiunque, spesso davvero per caso, abbia avuto la fortuna di imbattersi in lui (che sia un racconto, un articolo, un disegno, non importa; basta un attimo e non ti stacchi più) ha subito quasi per osmosi una metamorfosi. Le sue parole, i ricami che le annodano, fioriscono anche nella terra più arida.  Risvegliano sogni, colorano speranze.

L’immaginazione come terapia, come balsamo. Immagina, e sarai. Immagina, e farai. Immagina, e non morirai mai.

Vola, bambino che hai tutte le età e nessuna. Cosa? Le ali? Non servono. Credimi.
Per volare non servono ali.





lunedì 23 gennaio 2012

Piuma e pugnale



Piero e Lucia. Partire sempre e ancora, anche quando torni.

Ricominciare, anche se lo chiami finire.

Capovolgi il senso

e questo vuoto, sotto questo colore

c'è un tratto, c'è una piuma

e poi un pugnale, come acqua

che prima pioviggina

e poi grandina.

________________________

Un capolavoro.

Un artista scrittore pittore elegantissimo e severo

genio delle ombre da brivido

è

Manuele Fior.

Avere memoria



Io ricordo. Tu, non scordare, non dimenticare.

Non dimenticare quel giorno senza bianco e nero, il cielo era azzurro e il sole caldo

i  miei vestiti zuppi di urina e di vomito.  Mia figlia era vicino a me. Sporca. Affamata. Si è avvicinata una donna bionda. Sorrideva. “Come si chiama?” “Leni” “Ciao Leni…che bei riccioli, hai…vuoi un biscottino, tesoro? La mandi con me signora…le faccio una doccia…”.
Un angelo, pensai.
Di quella donna che con grazia
accompagnò mia figlia
nella camera a gas
pensai “è un angelo, che Dio la benedica”.


Tu non scordare

Non scordare i giorni ancora non scritti, quelli senza i libri di storia, quelli senza i film e senza i dibattiti,  quelli che hanno schiacciato senza pietà e senza fretta

mio padre. Scavare. E poi ricoprire. Ogni giorno sempre la stessa buca. Scavare. E ricoprire.


Tu non scordare

che quegli scheletri viventi

prima avevano forme e carne e quegli occhi vuoti, fissi

prima

prima guardavano.


Non scordare che ricordare non serve a nulla, se non provi a immedesimarti.
Guarda le labbra del tuo bambino. Immaginale deformate dal fuoco che ha divorato il mio.
Aveva 6 anni.
Mi hanno detto che quando lo hanno gettato tra le braci si muoveva ancora…


Non scordare

Che avevamo coraggio paure e speranze. Che fino all’ultimo, fino a quel fucile puntato contro, abbiamo sperato che fosse un incubo, di quelli che sembrano veri ma poi ti svegli.

Sterminati. Come formiche. Come pidocchi.

Non dimenticare.


(Testo e voce: Tiziana Pasetti. Copertina settimana della Memoria tg)

domenica 22 gennaio 2012

...della CONCORDIA umana...

Perché nessuno si incazza con le  persone che vedevano passare le navi a due passi dalla loro costa e NON dicevano nulla ma postavano le foto su twitter e fb?

Dopo siamo tutti bravi a offrire coperte paramenti e caffè. Soprattutto perché ci sono le telecamere.

Le foto ricordo (tutti, adesso, a prendersala con chi va a vedere e ad immortalare) non fanno male a nessuno e non peggiorano la situazione.

Chi non ha parlato - DENUNCIATO - prima HA UCCISO. Anche se oggi offre il caffè.


L'Aquila in Onda

Che squallore. Una città ridotta ad aspettare che a darle voce siano i comici di Zelig. Una città depressa, sciatta, senza rotta, senza progetti che ESULTA sulle pagine dei propri giornaletti locali perché una comica con diastema esasperato cita L'Aquila e la Liguria nel suo monologhetto. 

E tutti i cittadini ormai apolidi non per scelta politica ma DI FATTO condividono (che azione straordinaria, che energia!) su Fb, l'unico "luogo" rimasto. L'unica piazza. 

SIA LODE al sisma che ci ha regalato questa grande opportunità. Siamo in ONDA!!!!! Wow!

Che dite? Facciamo un inchino pure noi

prima

di NAUFRAGARE definitivamente?


giovedì 19 gennaio 2012

Metti un capolavoro a...

Dopo la cena

bagno

nella villetta con piscina

per Koch.


E' cattivo.

E' vero.

E' sbagliato. Proprio come accade moooolto troooppo spesso

nella vita.

E ci sono quei necessari ma mai sufficienti tratti di tenerezza

ad accarezzare

la follìa. La stupidità.

Non salvano dall'inferno.

Ma bastano. Per vivere

in questo paradiso.

- - - - - - - - - - - - - - -

Libro assolutamente perfetto.

"Si dice che i primi minuti e le prime ore dopo una tragedia in famiglia siano cruciali, perché è lì che si vede se la forza del legame è sufficiente a superarla. Chi inizia ad attribuire colpe agli altri può provocare danni irreparabili. Conosco le statistiche: la separazione è la regola, non l'eccezione. Si potrebbe pensare che una tragedia  avvicini le persone e il dolore condiviso rafforzi il legame, ma non è così: molta gente il dolore vuole dimenticarlo, ed è proprio l'altro che continua a ricordarglielo".


PS: Lo consiglierei soprattutto agli ipocondriaci...

...e tanti cari saluti a tutti i medici di base/famiglia, ovviamente :-))))))))))))))).

venerdì 6 gennaio 2012

Faceboo...co nero

Odio il citazionismo semplicistico di Fb. Figlio di una cultura nozionistica piccola piccola. Sempre la stessa roba copincollata e replicata all'infinito di bacheca in bacheca.

Aprite i libri. Studiate. Non perdete la curiosità vera, guardatevi intorno...e proponete, c****!

Cesare Pavese, ad esempio.

La raccolta è "La Terra e la Morte".

Il giorno è il 29 ottobre 1945.

Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.


Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.


C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.


Membra e parole antiche.


Tu tremi nell'estate.




Ecco.

Adesso.

Copincollate e seminate,  fate i bravi ;-).


(Cantate a squarciagola come sto facendo io, ok?)

La Befana, la Pasetti e L'Aquila

­­­­­­­­­­­E, per finire, sono arrivati i Re Magi. Tre. In dono, oro, incenso e mirra.


Io sono sempre stata due cose. Cinica. E insopportabile.
Da bambina, a mia madre: “Mamma, non era meglio se a questo bambino tutto nudo portavano una tutina o una copertina? Non era più utile, intendo?”
Lei alzava gli occhi al cielo, segnava fronte e petto con la croce, e chiedeva, per me, perdono. Al Dio offeso.

Anche all’Aquila è la festa dell’Epifania. I nostri Baldassarre, Melchiorre e Gaspare hanno portato alla città nuda e malaticcia le bancarelle del 5 gennaio e un ponte aperto per alcune ore. Si è vista una lunga teoria di uomini donne bambini aquilani e non sfilare per le strade dello scosso capoluogo. Che emozione! Ancora un'occasione per poter tornare in centro! Ancora un'ancora per i nostri pomeriggi vuoti da passare su facebook. C’è da fare vita sociale, infatti. Bisogna condividere le foto dell’aquila com’è e com’era. Poi bisogna commentare. “Rabbia!”, gridano in ciabatte davanti agli schermi dei computer gli autoctoni. “Siamo con voi!”, rispondono con retorica, sempre in ciabatte, gli altri sparsi in ogni dove. Bisogna creare un gruppo! Necessita per la rinascita della bella addormentata ormai in coma praticamente irreversibile scrivere un post o una poesia. Parole chiave: forza, orgoglio, speranza, domani, l’aquila bella mè, te mé, ma mo, cielo alto cielo blu.
  
Non so cosa ne abbia fatto, poi, il nudo bambinello, di quell’oro, di quell’incenso, di quella mirra.
Aveva altro per la testa.
Redimere il mondo e l’umanità. E solo 33 anni a disposizione. 


Chiediamoci, oggi, noi: che ci fa una ex città nuda e non solo di cose e avvenimenti futili e sporadici? Dei tanti doni ricevuti, i suoi, di mamma e papà, cosa ne hanno fatto? 
Quanti anni ha, a disposizione, L’Aquila
per redimere e salvare 
non il mondo, 
quello no, 
ma se stessa? 


(Servizio tg TvUno 6 gennaio 2012)