lunedì 30 gennaio 2012

L'Aquila e Pluto...il cAnecittà



Ciao. Io mi chiamo, o meglio, la maggior parte della gente mi chiama, Pluto. Pluto ju cane.
Vivo all’Aquila. Sono nato e cresciuto qui.

Sono un cane “bastardo”, nel senso che non ho fissa dimora e nemmeno un padrone. Io mi sono sempre sentito un re, però. Per cuccia ho una reggia, la mia città. Per sudditi, tanti amici: tutti i suoi abitanti.
Non mi è mai mancato nulla. Cibo, carezze, chiacchiere… Quanti ne ho ascoltati, di sfoghi. Mi ricordo una volta, era inverno, eravamo solo io e un mio caro vecchio amico, scendevamo per Costa Masciarelli, lo accompagnavo a casa, come tutti i giorni. Mi ha invitato a entrare, quella sera. Lui si è seduto in poltrona, io mi sono steso davanti al camino, e per tutta la notte mi ha raccontato. Una vita intera. L’infanzia, il lavoro, la famiglia, l’amore. Poi ci siamo addormentati. Mi ha svegliato all’alba. Abbiamo fatto colazione in silenzio. Grande, il patto tra di noi. Indissolubile.

Oggi mi chiedo dove sia. Non l’ho più visto dopo quella notte pazza.

In tanti tornano a trovarmi. Mi scattano fotografie. Mi lanciano qualcosa da mangiare. Mi pubblicano su una cosa che chiamano facebook. Che tenerezza, mi fanno. Dicono “poverino”.  A me.  A Pluto Ju Cane. Poverino.  Ma jamo*!

Allora, chiariamoci. Ho scelto io di non andare via. Avrei potuto. La mia compagna di allora mi ha detto “Pluto, vieni via con me. A Tortoreto staremo bene, vedrai. C’è il mare…”.
Il mare?
“Bella”, le ho risposto guardandola negli occhi “io sono un cane di montagna. Io da qui non me ne vado. Questa è casa mia”.

Ogni tanto ci penso. Stavamo bene, insieme. Ma ci sono delle priorità, nella vita. Io non abbandono questa mia culla. Non abbandono quelli che tornano e si vede che si reggono appena, si vede. Un cane, queste cose, le capisce.

State tranquilli, io non me ne vado. 
Io non ho paura. 
L’amore non spaventa. Dà forza. 
Quando è vero, credetemi, dà forza.

venerdì 27 gennaio 2012

Bruno Schulz o dell’arte di volare senza ali



Crescere. Diventare adulti. Quando nasci, quando sei un bambino, ti dicono che è più o meno questo, quello che devi fare: crescere. Cosa voglia dire, poi, questo “crescere”, non te lo sa spiegare praticamente nessuno.

Anni fa su questo pianeta chiamato Terra è passato, tra i tanti, un uomo che disse una cosa interessante. Disse qualcosa come: "Maturare verso l'infanzia. Questa soltanto sarebbe l'autentica maturità".

Il “passante”, polacco, si chiamava Bruno Schulz. Scrittore. Giornalista. Professore. Disegnatore. Bambino, soprattutto. Bambino per sempre, anche da grande. Anche nel mistero della sua morte. Anche oggi, grazie al libro che Nadia Terranova gli ha voluto dedicare. “Bruno”, edito da Orecchio Acerbo, la scrittrice siciliana è venuto a presentarlo all’Aquila in occasione della settimana della Memoria. L’ha fortemente voluta l’associazione L’Aquila Fenice, costola di Minimondi Parma.

“Bruno” è venuto a raccontare ai tanti bambini presenti alla Casa del Teatro la magia delle cose. Grazie alle illustrazioni magnifiche di Ofra Amit e alle parole dirette di Nadia, l’autore de “Le botteghe color cannella”  (Einaudi) si è seduto tra i piccoli lettori e dalla sua grande testa, da quel difetto di nascita che tanto, in un primo momento, lo aveva limitato, ha cominciato a tirar  fuori tesori.

Lo vedete quel ragno? E quel vigile che vola? E quel rapace gigante? Bambini! Lo vedete! No, fermi! Non abbiate paura! E’ Jakob, è mio padre! Ahahahhahahahh!!! Lui è così…è…magico!

Diventare ogni volta un po’ meno se stesso”, questo faceva il papà di Bruno, mischiandosi e impastandosi con il mondo. Diventare ogni volta un po’ meno se stessi per diventare tanto di più, per superare i limiti fisici e, soprattutto, quelli mentali. Immedesimarsi negli altri e in altro, senza mai abbandonarsi definitivamente, tornando sempre.

Bruno Schulz ha lasciato un’opera mondo. Chiunque, spesso davvero per caso, abbia avuto la fortuna di imbattersi in lui (che sia un racconto, un articolo, un disegno, non importa; basta un attimo e non ti stacchi più) ha subito quasi per osmosi una metamorfosi. Le sue parole, i ricami che le annodano, fioriscono anche nella terra più arida.  Risvegliano sogni, colorano speranze.

L’immaginazione come terapia, come balsamo. Immagina, e sarai. Immagina, e farai. Immagina, e non morirai mai.

Vola, bambino che hai tutte le età e nessuna. Cosa? Le ali? Non servono. Credimi.
Per volare non servono ali.





lunedì 23 gennaio 2012

Piuma e pugnale



Piero e Lucia. Partire sempre e ancora, anche quando torni.

Ricominciare, anche se lo chiami finire.

Capovolgi il senso

e questo vuoto, sotto questo colore

c'è un tratto, c'è una piuma

e poi un pugnale, come acqua

che prima pioviggina

e poi grandina.

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Un capolavoro.

Un artista scrittore pittore elegantissimo e severo

genio delle ombre da brivido

è

Manuele Fior.

Avere memoria



Io ricordo. Tu, non scordare, non dimenticare.

Non dimenticare quel giorno senza bianco e nero, il cielo era azzurro e il sole caldo

i  miei vestiti zuppi di urina e di vomito.  Mia figlia era vicino a me. Sporca. Affamata. Si è avvicinata una donna bionda. Sorrideva. “Come si chiama?” “Leni” “Ciao Leni…che bei riccioli, hai…vuoi un biscottino, tesoro? La mandi con me signora…le faccio una doccia…”.
Un angelo, pensai.
Di quella donna che con grazia
accompagnò mia figlia
nella camera a gas
pensai “è un angelo, che Dio la benedica”.


Tu non scordare

Non scordare i giorni ancora non scritti, quelli senza i libri di storia, quelli senza i film e senza i dibattiti,  quelli che hanno schiacciato senza pietà e senza fretta

mio padre. Scavare. E poi ricoprire. Ogni giorno sempre la stessa buca. Scavare. E ricoprire.


Tu non scordare

che quegli scheletri viventi

prima avevano forme e carne e quegli occhi vuoti, fissi

prima

prima guardavano.


Non scordare che ricordare non serve a nulla, se non provi a immedesimarti.
Guarda le labbra del tuo bambino. Immaginale deformate dal fuoco che ha divorato il mio.
Aveva 6 anni.
Mi hanno detto che quando lo hanno gettato tra le braci si muoveva ancora…


Non scordare

Che avevamo coraggio paure e speranze. Che fino all’ultimo, fino a quel fucile puntato contro, abbiamo sperato che fosse un incubo, di quelli che sembrano veri ma poi ti svegli.

Sterminati. Come formiche. Come pidocchi.

Non dimenticare.


(Testo e voce: Tiziana Pasetti. Copertina settimana della Memoria tg)

domenica 22 gennaio 2012

...della CONCORDIA umana...

Perché nessuno si incazza con le  persone che vedevano passare le navi a due passi dalla loro costa e NON dicevano nulla ma postavano le foto su twitter e fb?

Dopo siamo tutti bravi a offrire coperte paramenti e caffè. Soprattutto perché ci sono le telecamere.

Le foto ricordo (tutti, adesso, a prendersala con chi va a vedere e ad immortalare) non fanno male a nessuno e non peggiorano la situazione.

Chi non ha parlato - DENUNCIATO - prima HA UCCISO. Anche se oggi offre il caffè.


L'Aquila in Onda

Che squallore. Una città ridotta ad aspettare che a darle voce siano i comici di Zelig. Una città depressa, sciatta, senza rotta, senza progetti che ESULTA sulle pagine dei propri giornaletti locali perché una comica con diastema esasperato cita L'Aquila e la Liguria nel suo monologhetto. 

E tutti i cittadini ormai apolidi non per scelta politica ma DI FATTO condividono (che azione straordinaria, che energia!) su Fb, l'unico "luogo" rimasto. L'unica piazza. 

SIA LODE al sisma che ci ha regalato questa grande opportunità. Siamo in ONDA!!!!! Wow!

Che dite? Facciamo un inchino pure noi

prima

di NAUFRAGARE definitivamente?


giovedì 19 gennaio 2012

Metti un capolavoro a...

Dopo la cena

bagno

nella villetta con piscina

per Koch.


E' cattivo.

E' vero.

E' sbagliato. Proprio come accade moooolto troooppo spesso

nella vita.

E ci sono quei necessari ma mai sufficienti tratti di tenerezza

ad accarezzare

la follìa. La stupidità.

Non salvano dall'inferno.

Ma bastano. Per vivere

in questo paradiso.

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Libro assolutamente perfetto.

"Si dice che i primi minuti e le prime ore dopo una tragedia in famiglia siano cruciali, perché è lì che si vede se la forza del legame è sufficiente a superarla. Chi inizia ad attribuire colpe agli altri può provocare danni irreparabili. Conosco le statistiche: la separazione è la regola, non l'eccezione. Si potrebbe pensare che una tragedia  avvicini le persone e il dolore condiviso rafforzi il legame, ma non è così: molta gente il dolore vuole dimenticarlo, ed è proprio l'altro che continua a ricordarglielo".


PS: Lo consiglierei soprattutto agli ipocondriaci...

...e tanti cari saluti a tutti i medici di base/famiglia, ovviamente :-))))))))))))))).

venerdì 6 gennaio 2012

Faceboo...co nero

Odio il citazionismo semplicistico di Fb. Figlio di una cultura nozionistica piccola piccola. Sempre la stessa roba copincollata e replicata all'infinito di bacheca in bacheca.

Aprite i libri. Studiate. Non perdete la curiosità vera, guardatevi intorno...e proponete, c****!

Cesare Pavese, ad esempio.

La raccolta è "La Terra e la Morte".

Il giorno è il 29 ottobre 1945.

Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.


Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.


C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.


Membra e parole antiche.


Tu tremi nell'estate.




Ecco.

Adesso.

Copincollate e seminate,  fate i bravi ;-).


(Cantate a squarciagola come sto facendo io, ok?)

La Befana, la Pasetti e L'Aquila

­­­­­­­­­­­E, per finire, sono arrivati i Re Magi. Tre. In dono, oro, incenso e mirra.


Io sono sempre stata due cose. Cinica. E insopportabile.
Da bambina, a mia madre: “Mamma, non era meglio se a questo bambino tutto nudo portavano una tutina o una copertina? Non era più utile, intendo?”
Lei alzava gli occhi al cielo, segnava fronte e petto con la croce, e chiedeva, per me, perdono. Al Dio offeso.

Anche all’Aquila è la festa dell’Epifania. I nostri Baldassarre, Melchiorre e Gaspare hanno portato alla città nuda e malaticcia le bancarelle del 5 gennaio e un ponte aperto per alcune ore. Si è vista una lunga teoria di uomini donne bambini aquilani e non sfilare per le strade dello scosso capoluogo. Che emozione! Ancora un'occasione per poter tornare in centro! Ancora un'ancora per i nostri pomeriggi vuoti da passare su facebook. C’è da fare vita sociale, infatti. Bisogna condividere le foto dell’aquila com’è e com’era. Poi bisogna commentare. “Rabbia!”, gridano in ciabatte davanti agli schermi dei computer gli autoctoni. “Siamo con voi!”, rispondono con retorica, sempre in ciabatte, gli altri sparsi in ogni dove. Bisogna creare un gruppo! Necessita per la rinascita della bella addormentata ormai in coma praticamente irreversibile scrivere un post o una poesia. Parole chiave: forza, orgoglio, speranza, domani, l’aquila bella mè, te mé, ma mo, cielo alto cielo blu.
  
Non so cosa ne abbia fatto, poi, il nudo bambinello, di quell’oro, di quell’incenso, di quella mirra.
Aveva altro per la testa.
Redimere il mondo e l’umanità. E solo 33 anni a disposizione. 


Chiediamoci, oggi, noi: che ci fa una ex città nuda e non solo di cose e avvenimenti futili e sporadici? Dei tanti doni ricevuti, i suoi, di mamma e papà, cosa ne hanno fatto? 
Quanti anni ha, a disposizione, L’Aquila
per redimere e salvare 
non il mondo, 
quello no, 
ma se stessa? 


(Servizio tg TvUno 6 gennaio 2012)