mercoledì 23 novembre 2011

Io sono L'Aquila. Il testo

Fermati. Lo dicevo anch’io, mentre tremavo e crollavo. Fermati, non scherzare, fermati.

Io non volevo venire giù. Non volevo uccidere. Non volevo restare sola.

Sono due anni. Mi hanno riempita di tubi, ferri, sostegni, chiodi, puntellamenti. Io mi sento cadere ma non posso. Sono crocifissa. E osservo il mio vuoto, le mie ferite aperte che non sanguinano ma neanche diventano cicatrici, sono squarci come bocche spalancate per lo stupore, come occhi sbarrati. Per il terrore. Mi hanno imbalsamata. E non so, non so se è un accanimento terapeutico, questo, oppure se c’è una speranza davvero. Se tornerò ad essere quella che ero. Se riuscirò a reggermi da sola.

Il silenzio mi pugnala. Giorno e notte. Solo il rumore delle persone che lavorano per “curarmi”, ma non sono suoni, quelli. Non sono suoni quelli di chi viene a vedermi un attimo e poi se ne va via. Io ci provo, a chiamarvi. Faccio sbattere una persiana, provo con un brecciolino, che non voglio far male ma niente, ve ne andate.

Io mi svegliavo con le guance rosee e calde dei bambini, mi strizzavo gli occhi insieme a loro. Il profumo delle mille e mille caffettiere, l’odore già a settembre dei caminetti accesi. E poi i passi, i passi degli uomini che sono tornati dalla guerra, quelli delle donne che li avevano attesi, indimenticabili. Un concerto di percussioni che neanche un violino, una poesia così. D’estate, vi racconto, venite qui, sedetevi, ecco, d’estate c’erano i passi per i miei vicoli delle innamorate che camminavano abbracciate ai loro uomini. Il passo di una donna innamorata lo riconosci. E’ come un battito di ali, è leggero e potente insieme. Vola. Poi i passi delle mamme che mi portavano i piccini appena nati. Ecco. Quelli erano passi che incidevano la storia e scrivevano il futuro.

Poi a Natale. I passi dei papà nelle case, dopo mezzanotte, per mettere i regali sotto agli alberi…che emozione…ne ho vissuti centinaia e centinaia, ma niente, ogni volta come fosse la prima. E poi gli occhi, gli sguardi di chi si prendeva per mano, le lunghe notti d’amore. E la neve! Che belli i giorni di neve, qui…mi dicevano tutti che ero fatta per lei, che diventavo magnifica.

Due anni, in fondo cosa sono due anni se confrontati con tutti quelli che ho vissuto, cosa sono…sono un’eternità. E io ho paura, ho paura di notte, ho paura che torni una scossa forte e allora mi aggrappo a questi scheletri che odio…poi ci sono momenti che quasi vorrei arrivasse. Forte, fortissimo. Essere rasa al suolo. Smettere di esistere, che così non lo so se ne vale la pena. Non si nasce città per restare vuote…li rivoglio tutti i miei abitanti. Li voglio qui. Odio, odio saperli altrove, lo so che pensano a me, lo so. Lo so che non vogliono stare via ma so anche che così è impossibile, così è impossibile…io impazzisco. Toglietemi questa roba di dosso, toglietemi tutto, toglietemi i fiori che mi portate e che poi lasciate morire, brutti, tristi, appesi a una transenna, togliete le cose che mi fanno brutta, togliete tutto questo schifo, scartatemi, voglio respirare, voglio cadere, voglio restare sospesa, voglio gridare. 

Voglio piangere. Voglio guarire. Aiutatemi. Qualcuno mi aiuti. Mi vergogno, mi vergogno, lo capite!?! Io mi vergogno a farmi vedere così, nuda, sciatta, scomposta. Io non sono così. Sono bella. Anzi, sapete cosa vi dico? Ero talmente tanto bella che me la tiravo, e non poco. 

Copritemi. 
Copritemi per favore. E non mi guardate così, toglietevi quella pena dagli occhi, smettetela di parlare piano e di sorridere con le facce tirate. 

Non sono scema. Sono distrutta ma giuro, non sono scema. Aiutatemi.


Testo e  video di Tiziana Pasetti

martedì 22 novembre 2011

Per L'Aquila, pezzi di strada futura

http://blog.vanityfair.it/2011/11/per-l%e2%80%99aquila-pezzi-di-strada-futura/


di Tiziana Pasetti

Noi che siamo partiti dall’Aquila, ieri pomeriggio, per andare a Roma ad assistere alla serata inaugurale del Festival Minimondi organizzato per il capoluogo abruzzese terremotato, avevamo in tasca un tesoro.
Un coccio. Una maceria.
Era la tazza dove faceva colazione tutte le mattine mia figlia.
Era il piatto che nonna usava la domenica, per il pranzo di famiglia.
Era la bomboniera del nostro matrimonio, ti ricordi, una colomba bianca tutta lucida…quanto ci abbiamo riso su, quando poi gli anni sono cominciati a passare e i gusti, le mode, a cambiare.
Era la cornice con la foto di mamma e papà.
Era, era, era, era.
Ieri dall’Aquila siamo partiti stringendo tra le mani decine di cose che erano.
Non immaginate migliaia di persone. Un pullman. E nemmeno pieno. Ma quello che conta è andare. Anche per chi ormai non ha più voglia, forza. Speranza.
Ad aspettarci a Roma, però, in Via Nazionale, al Teatro Eliseo, c’erano tanti amici.
Hanno portato pezzi di storie loro, pezzi di ricordi. Per costruire una strada comune, solidale, non virtuale, come ha sottolineato l’architetto Marco Ferreri ideatore, insieme allo staff di Minimondi Parma, di questa iniziativa:
“Vorrei che questi pezzi di vita interrotti divenissero intarsi. Più strade attraversate da fiumi di cose che erano e che continueranno a raccontarsi con la loro presenza. Accarezzati dal passo di chi tornerà a vivere questa città”.
Impossibile raccontare la serata. Verrebbe fuori un verbale di condominio. Tutti coloro che avevano detto ci sarò c’erano. Giornalisti, attori, scrittori, politici. Senza clamore. La domanda, una sola: cosa si può fare? Il tempo passa. C’è una città che non può più aspettare. Non per fare chissà cosa. Una città è un’ancora, una bussola, una serie di luoghi. Per i baci che chi sta crescendo adesso poi potrà ricordare. Per chi capita per caso e poi decide di non andare più via. Per il Sasso Grande che vuole mandare neve e vento unici al mondo. Ti ghiacciano e scaldano insieme.
Cocci e ricordi. Come quelli di Anna Paola Concia, splendida vestita di rosso fuoco:
“L’Aquila è la città delle mie prime volte. Qui ho fatto l’università. Qui mi sono iscritta al Pci, qui mi sono sposata. Qui ho vissuto per la prima volta, liberamente, la mia omosessualità. Rivoglio la mia città. La rivoglio”.
Era tarda notte, quando abbiamo salutato tutti. Siamo ripartiti con il nostro autobus. Roma era bellissima. Natale è vicino: addobbi, luci, vetrine. Case.
Era notte fonda, quando abbiamo preso l’uscita dell’A24, L’Aquila Ovest. Buio.
Solo buio.
Sono salita sulla mia auto.
Per arrivare a casa mia bisogna attraversare via XX Settembre, poi Collemaggio.
C’erano anche qui, una vita fa, quando Natale si avvicinava, addobbi e luci a illuminare e rallegrare
strade e case che non ci sono più.

sabato 19 novembre 2011

A Roma una strada per L'Aquila


(di Tiziana Pasetti)

Minimondi torna all’Aquila. Anche quest’anno, dal 21 al 26 novembre, Parma regala al capoluogo abruzzese una costola del suo festival di letteratura e illustrazione per adulti e ragazzi.
Eccezionale l’apertura, lunedì 21 novembre, a Roma. Il Teatro Eliseo ospiterà infattiUna strada per L’Aquila, serata organizzata da L’Aquila Fenice, che di Minimondi rappresenta ormai da tre anni una continuazione ideale per intenti e solidarietà.
L’Aquila è ormai una città muta, un deserto di anime vive che nessuno ascolta più. Solo grazie a questi eventi è possibile dire – non diciamo al mondo ma anche solo ad una città che dista solo un’ora scarsa di macchina da qui – NOI CI SIAMO.
Anche se oggi osserviamo in apnea qualcosa che vorremmo tornasse a respirare insieme a noi.
Per respirare c’è bisogno di ossigeno. C’è bisogno di un cuore e di polmoni. Poi di arterie e vene.
Per vivere, una città ha bisogno di case ma soprattutto di strade. Per potersi incontrare o perdersi, non importa. Ma andare. E guardare, se vuoi. Meraviglie architettoniche o aberrazioni. Oppure concedersi il lusso di camminare e non vedere, non guardare. Perché tanto lo sai, che è tutto lì. La strada che porta a scuola e quella che porta a casa. Quella che porta dal parrucchiere e quella che porta dal fornaio. Quella che porta in Chiesa, il giorno che magari ti sposi.
Oggi tutte quelle strade non portano più da nessuna parte. Sono arterie e vene senza sangue. Non c’è più ossigeno. L’Aquila è un cuore in necrosi.
Anche per questo il “biglietto” per poter entrare all’Eliseo sarà un coccio, un pezzo della nostra città: piatti, brocche, maioliche, piastrelle, ceramiche, mattoni, pezzi di cose che erano e che quella notte hanno smesso di esserlo.
L’architetto Marco Ferreri le raccoglierà. Nascerà una strada, qui all’Aquila, fatta di quei frammenti di vita, fatta di storie secolari. Quanto è stato interrotto in quella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009 diventerà un percorso ideale.
Venite tutti, se potete. In tanti saranno insieme a noi per ricordare ma anche per provare a gettare lo sguardo oltre il dolore che è ormai per ogni aquilano un osso in più che non serviva, che azzoppa il cammino soltanto.
Tra gli altri ci saranno Pierdomenico Baccalario, Oliviero Beha, Diego Bianchi “Zoro”, Jolanda Bufalini, Giuseppe Caporale, Francesco Erbani, Marco Ferreri, Fabrizio Gifuni, Peter Gomez, Marina Marinucci, Enrico Melozzi, Walter Nanni, Francesco Paolucci, Giovanni Peresson, Pierluigi Properzi, Christian Raimo, Marco Romano, Marino Sinibaldi, Elena Stancanelli, Giulio Scarpati, Flavio Soriga, Giorgio Zanchini, l’onorevole Anna Paola Concia. A rappresentare il Comune dell’Aquila ci saranno il sindaco Massimo Cialente e l’assessore Stefania Pezzopane, per la Provincia di Roma l’assessore alle Politiche Culturali Cecilia D’Elia.
Venite a Roma. Io poi vi racconterò. Ma voi, intanto, venite.

martedì 8 novembre 2011

lunedì 7 novembre 2011

Ecco cosa mi ricordava, io e te :-)

"C'è un paesaggio interiore,
una geografia dell'anima;
ne cerchiamo gli elementi per tutta la vita"


"Per quelli di voi che ne dubitano: questa è una storia d'amore.
E' finita.
Altri saranno più fortunati.
Auguro loro ogni bene".

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Josephine Hart, Il danno, Feltrinelli

Riduzione cinematografica, Louis Malle, Il danno, con Jeremy Irons e Juliette Binoche

Demonia nell'alto dei Cieli

 4 Novembre 2011 - 7 Novembre 2011



Un soffio leggero.

Grazie, Angelo.





sabato 5 novembre 2011

mercoledì 2 novembre 2011

Quanto costa una rosa?







E un ricordo? Che valore ha?




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Testo e foto
(voce e montaggio pure, purtroppo ;-)...)
di Tiziana Pasetti

martedì 1 novembre 2011

2 novembre 2011. La gonna grigia


E’ rimasta lì.

Quanti anni sono, nonna?

Non li ricordo. 17? 18?

Sei morta dicono di notte. Ad un tratto. I medici hanno detto che sei morta in un attimo, che eri serena.

Non lo so. Ricordo il giorno prima. Ero venuta a trovarti. Mi hai chiesto come mi trovi? Mi accompagni a telefonare a Michele?

Trascinavi i piedi. A nonno, a Micchè, hai detto Torno presto, come stai? Hai freddo? Torno presto…la legna. Pensa alla legna. Pensa al fuoco. Poi facciamo una grande festa, è quasi Natale.

Sei morta in un attimo. Micchè si è buttato ad abbracciarti. Dentro la bara color noce eri vestita di blu. Lui Sei la mia sposa.

Quell’abito me lo ricordo, nonna. Era quello della messa domenicale, dei matrimoni e del grande giorno, quello quando partivi e andavi tre paesi più in là. Ti facevi bella e andavi a fare la spesa. Avevano aperto un piccolo supermercato. Ti brillavano gli occhi. Quella non era più la guerra, non era più la fatica della schiena piegata.

Nonno ha continuato a chiamarti, nonna, lo sai?. Marì. Marì…

Gobbo, veniva a trovarti. Ti portava i fiori di campo, quelli che amavi.

E’ rimasta lì, nonna.

La tua gonna grigia è rimasta piegata sul letto di nonno. Fino a quando è morto anche lui, un paio di anni fa.

Sei rimasta con lui sempre.



Tiziana Pasetti