venerdì 27 gennaio 2012

Bruno Schulz o dell’arte di volare senza ali



Crescere. Diventare adulti. Quando nasci, quando sei un bambino, ti dicono che è più o meno questo, quello che devi fare: crescere. Cosa voglia dire, poi, questo “crescere”, non te lo sa spiegare praticamente nessuno.

Anni fa su questo pianeta chiamato Terra è passato, tra i tanti, un uomo che disse una cosa interessante. Disse qualcosa come: "Maturare verso l'infanzia. Questa soltanto sarebbe l'autentica maturità".

Il “passante”, polacco, si chiamava Bruno Schulz. Scrittore. Giornalista. Professore. Disegnatore. Bambino, soprattutto. Bambino per sempre, anche da grande. Anche nel mistero della sua morte. Anche oggi, grazie al libro che Nadia Terranova gli ha voluto dedicare. “Bruno”, edito da Orecchio Acerbo, la scrittrice siciliana è venuto a presentarlo all’Aquila in occasione della settimana della Memoria. L’ha fortemente voluta l’associazione L’Aquila Fenice, costola di Minimondi Parma.

“Bruno” è venuto a raccontare ai tanti bambini presenti alla Casa del Teatro la magia delle cose. Grazie alle illustrazioni magnifiche di Ofra Amit e alle parole dirette di Nadia, l’autore de “Le botteghe color cannella”  (Einaudi) si è seduto tra i piccoli lettori e dalla sua grande testa, da quel difetto di nascita che tanto, in un primo momento, lo aveva limitato, ha cominciato a tirar  fuori tesori.

Lo vedete quel ragno? E quel vigile che vola? E quel rapace gigante? Bambini! Lo vedete! No, fermi! Non abbiate paura! E’ Jakob, è mio padre! Ahahahhahahahh!!! Lui è così…è…magico!

Diventare ogni volta un po’ meno se stesso”, questo faceva il papà di Bruno, mischiandosi e impastandosi con il mondo. Diventare ogni volta un po’ meno se stessi per diventare tanto di più, per superare i limiti fisici e, soprattutto, quelli mentali. Immedesimarsi negli altri e in altro, senza mai abbandonarsi definitivamente, tornando sempre.

Bruno Schulz ha lasciato un’opera mondo. Chiunque, spesso davvero per caso, abbia avuto la fortuna di imbattersi in lui (che sia un racconto, un articolo, un disegno, non importa; basta un attimo e non ti stacchi più) ha subito quasi per osmosi una metamorfosi. Le sue parole, i ricami che le annodano, fioriscono anche nella terra più arida.  Risvegliano sogni, colorano speranze.

L’immaginazione come terapia, come balsamo. Immagina, e sarai. Immagina, e farai. Immagina, e non morirai mai.

Vola, bambino che hai tutte le età e nessuna. Cosa? Le ali? Non servono. Credimi.
Per volare non servono ali.